Di Giorgio Chiaberge, Consulente e formatore
I clienti entrano nei punti vendita con delle aspettative specifiche e curare i punti di contatto, on-line e fisici, è ciò che ci viene suggerito per attirare, coinvolgere e fidelizzare i clienti. Tutti i retailers grandi o piccoli possono curare questi aspetti in maniera professionale in modo autonomo o facendosi aiutare da esperti.
Quanto incidono sull’acquisto le caratteristiche del punto vendita: esposizione, assortimento, offerta, prezzo e sconto, il brand, la percezione di qualità, la comunicazione e il venditore?
Difficile dare una risposta ma una cosa è certa: ognuna di queste componenti è fondamentale ed ognuna da sola non fa la differenza. In alcuni canali o reparti commerciali la componente che incide maggiormente è il fattore umano, la relazione che si instaura tra venditore e cliente.
È il cliente che acquista o il venditore che vende? Quale è la differenza tra ciò che avrebbe potuto fare il cliente da solo (magari sul web su un sito di e-commerce) e quanto è riuscito ad aggiungere il venditore, anche solo in termini di consiglio e informazione? In molti canali retail la risposta a questa domanda può decidere il successo o la chiusura di un punto vendita.
In molti settori i prodotti tendono a diventare delle commodity – prodotto disponibile, qualità e prezzi simili – e in questi casi la differenza tra un punto vendita e un altro la fa il fattore umano: organizzazione e approccio al cliente.
La cartina di tornasole per un punto vendita fisico è sempre la relazione che si instaura tra le persone, tra chi è nel negozio per acquistare e chi per proporre e consigliare.
Parlando dell’organizzazione non sempre occorre fare cose straordinarie: può essere sufficiente non gestire allo stesso modo un cliente che viene a ritirare un prodotto prenotato o acquistato on line e il cliente che arriva in negozio per un consiglio, per capire cosa può soddisfare i suoi bisogni. Capire che i clienti non sono tutti uguali e adeguare la propria organizzazione ci aiuta anche nell’approccio al cliente.
Se un cliente ha scelto di vivere la sua esperienza di acquisto in negozio, è implicito che abbia scelto di poter parlare, confrontarsi, essere ascoltato e consigliato. Per istaurare questa relazione è necessario porre la domanda giusta e ascoltare per capire quali bisogni vuole soddisfare il cliente.
Sarà capitato a tutti di entrare in un negozio, fare una richiesta generica – mi servirebbe una borsa per il lavoro – e l’addetto alle vendite ci propone tutto quanto è disponibile in negozio con il risultato che, nell’incertezza, il cliente rimanda l’acquisto.
Il percorso giusto? Qualche domanda per capire che lavoro fa il cliente e cosa deve contenere quella borsa per poi proporre alcuni articoli gusti per il cliente. Risultato: maggiore soddisfazione del cliente che può scegliere tra ciò che gli interessa e maggiori probabilità di effettuare la vendita.
Ogni persona che lavora all’interno di un punto di vendita deve curare maniacalmente la presenza.
La capacità di ascolto attivo è un “superpotere sociale” nonché il pilastro essenziale per una buona comunicazione.
La differenza tra ascoltare e sentire: quando sentiamo recepiamo soltanto ciò che ci è affine o ciò che ci serve per rafforzare la nostra posizione, non entriamo in relazione con chi parla. È un ascolto “speculativo”.
Attivata la modalità “Ascolto attivo” diventa più facile creare quella la condizione base per comprendere i bisogni del cliente, l’empatia. Senza l’ascolto attivo l’empatia non si accende e questo non ci permette di entrare in sintonia con il nostro interlocutore e di osservare i fatti dal suo punto di vista. Ascoltare per comprendere e non per rispondere.
Ascoltare una persona quando parla significa riconoscerla, valorizzarla e rispettarla. E riuscire a soddisfare i suoi bisogni.